UNA DELLE 10 MERAVIGLIE DELLA NATURA DA NON PERDERE
I boschi della Sila sono stati descritti fin dall’antichità come la Selva d’Italia, lo testimoniano le parole spese da Virgilio e Dante. Ma proprio per la loro grandiosità e ricchezza sono diventati la falegnameria dei romani e successivamente, in epoca moderna, dei Borbone.
Citazione da pag. 123: «Poi sono arrivati gli austriaci, con le prime enormi segherie, le due guerre e la richiesta di risarcimento per le spese belliche, avanzate da inglesi e americani, che hanno portato ad un vero e proprio sciacallaggio dei boschi silani, col taglio dei pini più alti e coi tronchi senza rami per quaranta metri. Chissà quanti e quali monumenti della natura sono stati abbattuti senza controllo, per produrre legname da nave e da cantiere.»
Un viaggiatore britannico ha visitato a piedi queste terre nel 1915, Norman Douglas, scrivendone un memoriale che chi lavora oggigiorno nel Parco Nazionale della Sila conserva e presenta come un commosso diario d’innamoramento, Old Calabria. Douglas vi descrive luoghi e bellezze naturali, soffermandosi anche sui pini neri laricio, la specie autoctona, già citata da Strabone e usata per la costruzione della Reggia di Caserta.
Guido Piovene ci arriva a metà degli anni Cinquanta e descrive nel suo ricchissimo Viaggio in Italia la Sila come «una fantasia del nord eseguita con il rigoglio meridionale.»
Un secolo dopo Douglas e mezzo secolo dopo Piovene ci è arrivato chi scrive, innamorandosi dei grandi pini e degli altri grandi alberi conservati e magnificati da uno dei meglio organizzati parchi nazionali d’Italia, un luogo che da lombardo chiamo fra me e me le “Alpi Calabre”.
Nella foto in alto uno scorcio della riserva I Giganti della Sila a Fallistro.


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