Parco del Castello di Rivalta di Torino

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Una ricchezza botanica completamente inaspettata

Rivalta di Torino è un comune con diciannovemila abitanti dislocato intorno alla città di Torino. Confinante con Orbassano e Rivoli, occupa la parte terminale della pianura che circonda il capoluogo, prima dell’inizio delle valli e della alpi Cozie. Al suo centro esiste, da mille anni, un castello, saccheggiato dall’esercito del Barbarossa venne fu in seguito proprietà di diverse famiglie, in principal modo gli Orsini, che ne furono padroni fino al 1823 quando venne acquistato dal conte Cesare Della Chiesa di Benevello, agronomo e letterato, cofondatore della Società promotrice delle belle arti di Torino di cui fu anche presidente. L’edificio venne restaurato e si costruì il parco, su due piano: quelli che possiamo chiamare i giardini alti che occupano la parte interna della proprietà, e i giardini bassi che degradano all’esterno calando a livello della pianura circostante. Qui sono state ospiti diverse personalità: ad esempio nel 1836 Honoré De Balzac, lo scrittore francese di Papà Goriot e Il giglio nella valle, e Massimo D’Azeglio. Gli ultimi proprietari, la famiglia Pogliano, hanno ceduto parco ed edificio al comune che li ha restaurati; il castello è stato riaperto nel 2008. Il parco è attualmente in fase di recupero, ospita alberi secolari e monumentali (ancora in attesa di riconoscimento). Ho avuto modo di scoprire questo luogo grazie a Gabriella Cibin, anima dell’Associazione di Evolontari Rivaltesi. Grazie a lei e agli assessori alla cultura e all’ambiente del comune una mia mostra fotografica, allestita dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, è stata ospite nel castello, lo scorso mese di settembre.

Completamente inaspettata è la ricchezza botanica del piccolo parco che ospita platani, querce, cipressi di varia specie, bossi e carpini secolari, ippocastani, aceri, pini neri, abeti rossi, faggi, cedri himalayani e dell’Atlante, ginkgo e molte altre specie. Gli esemplare totemici sono una gigante Magnolia grandiflora, un Taxodium disticum monumentale, una sequoia della California ed un Taxus baccata ultrasecolare. La magnolia è senza dubbio una delle maggiori della regione e del nord Italia, ha un tronco di 380 cm, con chioma che arriva a toccare i sedici metri di altezza, mentre le ramificazioni più basse sono sostenute da otto pali in ferro. Occupa una posizione centrale nei giardini alti, a pochi passi dall’ingresso nelle sale che il comune ha adibito a centro espositivo. Sono tornato a visitare il parco in una giornata di neve e vento siberiano, per misurare alcuni tronchi e visitare i giardini bassi. Ho così scoperto la presenza del tassodio o cipresso calvo: sei metri di circonferenza, un tronco fessurato verticalmente che mostra l’ampia cavità presente all’interno. L’albero ha una crescita veemente, che attualmente supera i venti metri, spicca in mezzo al lucore della neve con il tronco rossastro, che sale e si allarga nelle sue branche primarie. Era ancora più alto, un recente intervento ne ha ridotto la chioma di oltre dieci metri, per garantirne la stabilità. Il parco ospita due sequoie della California (Sequoia sempervirens): la maggiore si trova nei giardini bassi, doppia, si divarica alla base crescendo a “v” come una di quelle al giardino del castello di Agliè, o come la più celebre, la monumentale sequoia gemella del parco del castello di Sanmezzano, nel fiorentino; presenta cinque metri di circonferenza del tronco e trentacinque di altezza. La seconda si trova nei giardini alti, è più piccola, singola, malata: seccaggine della chioma e sfarinamento dell’impianto radicale emerso. Il tasso occupa la parte più esterna dei giardini alti, oltre i faggi rossi e le querce, presenta una crescita arbustiva e non un unico tronco centrale come il patriarca della specie in regione, il tasso di Cavandone. Credo che sia l’esemplare più vecchio, con due secoli (se non più) di vita.

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