Esemplari plurisecolari sul Supramonte
Orgosolo sta sulle cime di alcune colline come i colori sulla tela di Basquiat: è visibile, palpabile, un’intenzione, una volontà di mettere ordine nella materia senza riuscirci. Superato il centro s’imbocca la strada provinciale n°48, ci si inoltra in una serie di tornanti che catapultano nel mezzo di una lecceta plurisecolare. Mi fermo a pochi chilometri dall’abitato e visito un tratto di lecceta, dove incontro esemplari che misuro: 400, 470, 490 cm di circonferenza. Se il Dio del Castagno s’è dato daffare nel Piemonte, dove vivo, nelle zone del Roero e del biellese, qui è il Dio del Leccio che s’è tolto ogni sfizio. Alberi ripiegati, alberi trionfanti, alberi goticheggianti. Le forme più ardite e complesse. Gli sbagli più vistosi. Salendo, alcuni chilometri dopo, si attraversa un’aria abitata più da bovini che da cristiani. Si arriva alla sede del parco della Foresta demaniale di Montes, sul Supramonte, dove si possono visitare alcuni lecci plurisecolari.
Due sono a pochi metri di distanza, protetti da una staccionata circolare, all’interno di due catini in pietra. Il primo a due metri si biforca e sale fino ai dieci metri. Il secondo si apre prima dei due metri di altezza in tre branche di grossa dimensione che poi ramificano, una più piccola e corta che ricurva a terra. Il primo leccio presenta alcune cavità alla base. Vado a misurarne la circonferenza dei tronchi a petto d’uomo: 630 e 544 cm. Si dice che questi giganti abbiano, circa, seicento anni. Nella stessa area è presente, ad alcune decine di metri di distanza, un terzo leccio protetto da muretto e steccato, più alto, che fra i due metri ed i due metri e mezzo emette diverse branche, mentre il tronco prosegue la corsa al cielo. Alto quindici metri. Il tronco è decisamente più contenuto rispetto ai precedenti. Con l’auto percorro la strada sterrata che si disperde nel cuore della lecceta, un bosco che canta nel silenzio, abitato da centinaia e centinaia di plurisecolari.


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