Esiste qualcosa di drammatico che unisce la violenza di una tempesta che devasta una foresta, un giardino, una riserva naturale, e una città capovolta dalla terra che si fa liquida a causa di un terremoto. Ma esiste anche un qualcosa di inaudito, e di altrettanto drammatico, nella visione di una città che viene bombardata, come oggi ne vediamo in Siria e nei territori del Medio Oriente, nelle guerre civili che infiammano e insanguinano i suoli del pianeta, nelle devastazioni aperte in un lampo da un attentato, la stessa grana dolorosa che sappiamo riconoscere nelle fotografie datate dei campi di concentramento. Quando la natura, che sia atmosferica o geoterrestre, umana o casuale, attiva un movimento che genera caos nel nostro più o meno piccolo mondo, ogni forma di certezza viene a mancare. L’essere vivi degli umani viene messo in discussione, ogni declinazione di certezza, di sicurezza, di salvezza, si polverizza. Si liquefa. C’è questo spavento, reiterato, di essere improvvisamente in un mondo incontrollabile, periglioso, inaffidabile, o addirittura minaccioso, spietato, mortale, che ci trascina in quello stato di natura delle foreste antiche, dove ogni essere vivente vive a discapito degli altri. Un eco di altri mondi che non coincide con la foresta, o meglio, col bosco che noi oggi possiamo attraversare…
Buona lettura