CAMMINANDO NEI NOSTRI GIARDINI
Inoltrarsi nei giardini coltivati dalle norme del regolo e della squadra, dal metronomo delle stagioni che impartisce fioriture, abbina colori e sfumature, mischia profumi e intenzioni, ci pone davanti ad una domanda essenziale: i nostri giardini rispondono ad un bisogno di bellezza condivisa, percepita dall’uomo del nostro tempo sia in quanto esperienza solitaria, sia in quanto rito di passaggio (e di passeggio) sociale, oppure è un’opera di celebrazione della natura che l’uomo ha voluto dominare per adattare meglio il paesaggio alla propria presenza? Perché in un giardino l’uomo tenta di ristabilire la foresta, o forme di natura selvaggia popolate di ombre, di felci, di acque scroscianti, come agli arbori del tempo? Da cosa nasce questo bisogno di ritornare indietro nelle epoche, soltanto da nostalgia? E’ il risultato della leva della colpa che ha macchiato l’anima della nostra specie? O è ancora qualcos’altro?
© ph. Tiziano Fratus, Villa Carlotta
[Da L’Italia è un giardino, Laterza]
