Una sequoia gigante sulle colline del verbano
Il Piemonte è una delle regioni italiane dove meglio si sono acclimatate le sequoia californiane, siano esse le Sequoia sempervirens, le sequoie costali dei parchi di Big Sur, piuttosto che le Sequoiadendron giganteum, per molto tempo apparentate alle precedenti tanto da essere classificate come Sequoia gigantea. E’ noto come le ultime ad essere scoperte dall’uomo bianco europeo furono le giganteum, da un cacciatore di grizzly che seguiva da giorni, nel lontano 1852, una bestia ferita. In Italia arrivarono nella prima metà del XIX secolo le sequoie costali, le redwood, in Piemonte ne furono subito messe a dimora cinque nel 1848 al Parco Burcina, da Felice Piacenza, per festeggiare la promulgazione dello Statuto Albertino. Altri esemplari furono quindi mesi a dimora in varie parti della regione. Per quanto riguarda invece le sequoie giganti, se ne segnala una di grandi dimensioni a Bee, sulle colline sopra Verbania, come ha specificato la dott.ssa Veleda Bignami intervenendo nel blog di Mimma Pallavicini; si riporta che, in data 23 settembre 2009, «L’esperto botanico per antonomasia della provincia del Verbano Cusio Ossola, Dante Invernizzi ha investigato un esemplare di sequoiadendron giganteum nel giardino di villa Wuhrer nel comune di Bée (VB), si tratta di un esemplare di circa 150 anni, completo, con chioma fino a terra, sano e rigoglioso il più bello della nostra provincia. Sicuramente proveniente dal vivaio dei fratelli Rovelli, operanti nella zona dalla metà dell”800 e già giardinieri delle isole Borromee. Nello stesso parco sono esemplari coevi un Platano ed un Calocedrus decurrens». Il Rovelli che si cita è Renato Rovelli, già giardiniere dei Borromeo e poi anima di un’azienda vivaistica – ne parlo anche nel nuovo libro che sta per uscire – che sarà una delle più famose del suo tempo, specializzata in conifere fra le quali, come specifica Carola Lodari in un saggio nel volume Giardini e ville del Lago Maggiore, il Cupressus cashmeriana che divenne uno dei simboli del lago e dell’Isola Madre.
Sono andato a Bee, lo scorso inverno, ho visitato il piccolo parco privato di Villa Wuhrer. La grande sequoia è potuta crescere in libertà nel mezzo del parco, la sua mole piramidale mi ricorda la sequoia che sta a Sauze d’Oulx. Alta circa ventiquattro metri, con la punta spaccata, presenta una chioma foltissima e scura che raggiunge terra. Una fessurazione triangolare dalla parte del sentiero permette di sbirciare sotto la chioma e di ammirare la crescita del tronco che misuro: nove metri la circonferenza a 130 cm da terra, tredici metri e mezzo invece la misura al colletto. Le foglie squamose sono pendenti, morbide, molto diverse dalle foglie a forma di tasso della sequoia rossa. D’effetto il gioco di luci e ombre che le ramificazioni compiono scendendo, serpentando giù dalla cima dell’albero. A terra trovo – siamo a fine aprile – alcuni coni, ne avevo letto su vari libri, uguali per geometria a quelli della sequoia costale, ma più grandi, fino a otto centimetri di lunghezza. Se le ipotesi di Invernizzi sono corrette ciò significa che questo albero è stato messo a dimora intorno al 1860, una manciata di anni dopo la scoperta della specie.
Vicino al cancello d’ingresso del parco ci sono alcuni esemplari di calocedro e di tasso baccata. Ma è un calocedro ad attrarre la mia attenzione, per la grandezza del tronco, che inizialmente confondo col tronco di una sequoia sempervirens. La circonferenza a petto d’uomo è di 590 cm, una delle maggiori che ho visto in regione, un esemplare altissimo, più della sequoia di fronte, sui ventisette-ventotto metri di altezza.

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