I cercatori di alberi – Vijay Thiruvady

L’uomo che ama gli alberi a Bangalore

A Bangalore, in India, capitale dello stato del Karnataka, un’aria urbana superiore ai cinque milioni e settecentomila abitanti, esiste un uomo radice. Si chiama Vijay Thiruvady, trascorre il suo tempo principalmente ad accompagnare visitatori da ogni angolo del mondo a vedere i grandi alberi dei giardini botanici Lalbagh (scritto anche Lal Bagh, ovvero il giardino rosso). Esiste un sito dove è possibile prenotare la prossima visita: www.bangalorewalks.com/html/green-heritage-walk.html

Stavo cercando notizie riguardanti il tamarindo (Tamarindus indica), non riuscivo a capire se esistesse un sito che elencasse gli esemplari più vecchi del mondo. Ho saputo che ne esiste uno di grandi dimensioni a Surola, in Bangladesh, di cinquecento anni e con un tronco che supera nettamente i dieci metri di circonferenza. In India, nello stato di Karnataka, dove si trovano le due città di Bijapur e Mysore, conosciute per i palazzi storici, è stata stilata una lista di dieci alberi plurisecolari, fra i quali spicca un tamarindo di 883 anni, a Devara Hipparagi, e un baobad (Adansonia digitata) di seicento che sorge accanto al monumento a Ibrahim Roza, a Bijapur. Di questo albero, del suo fusto colonnare sormontato da una ragguardevole massa di foglie, davanti ad un palazzo celeste con la consueta cupola così come si vede in molti edifici indiani, circolano alcune fotografie, in internet. Non sono affatto certo che si tratti del tamarindo più vetusto del mondo ma comunque, al momento, non ho trovato informazioni che lo smentiscano.

Proseguendo nelle ricerche sono finito a leggere una intervista che un giornalista ha fatto a questo signor Thiruvady, autore di due volumi, Heritage Trees e Green Heritage Sites, editi dal Bangalore Environment Trust, un ente che si occupa di valorizzare le bellezze naturalistiche presenti nella città. L’intervista è datata 30 aprile 2009. L’autore, Poornima Dasharathi, uno scrittore freelance e viaggiatore entusiasta, così recita la sua breve nota biografica, introduce la chiacchierata sostenendo che «Affermare che Thiruvady sia una enciclopedia ambulante sugli alberi e le aree boscose a e intorno Bangalore non sarebbe lontano dalla verità. Tuttavia, lui non è soltanto un botanico ma anche uno storico». Prima di leggere l’intervista vado a curiosare in altri siti per capire chi sia e chi è stato quest’uomo che in una foto appare appagato, pasciuto, sorretto da un bastone ma comunque ben felice dietro i suoi occhialoni neri. Trovo una articolata biografia sul sito del Bangalore Environment Trust: si dice che ha vissuto per molti tempo a Delhi, vivendo nel bungalow di suo nonno che si trovava a poca distanza dall’abitazione di Nehru, uno dei padri dell’India insieme a Gandhi; si è formato al St. Stephen College e quindi alla Scuola di Architettura di Ahmedabad; agli anni degli studi nasce la sua grande passione per la natura che lo accompagnerà per tutta la vita, sebbene lavorerà per oltre trent’anni con diverse grandi imprese industriali. Attualmente vive in una fattoria fuori Bangalore e conduce dal 2005 le Green Heritage Walks (si potrebbero tradurre come Passeggiate ai patriarchi verdi, ai monumenti verdi) a Lalbagh. Quest’uomo mi piace già, mi dico. Sul sito dedicato a questo progetto leggo che in quattro anni oltre diecimila persone hanno partecipato alle camminate. Il punto più interessante dell’intervista riguarda il censimento degli alberi storici di Bangalore e dintorni. Un tempo la regione era una landa piatta e priva di alti fusti. Lo testimoniano alcune vecchie fotografie. Dopo la celebre sconfitta degli inglesi ad opera di Tipu Sultan (1750-1779, conosciuto come la Tigre di Mysore), al termine della seconda guerra anglo-Mysore (1780-1784), gli indiani hanno incominciato a piantare ficus, alberi della pioggia, che servono non soltanto per arredare le strade ma anche per proteggere dalla pioggia o anche baniani. In particolare i baniani sono gli alberi più venerati dell’India, e si trovano spesso al centro fisico dei villaggi; questi alberi diventano da una parte abitazione per molte specie di uccelli, farfalle e pipistrelli, ma anche l’altare sacro di un villaggio. Due sono le parole chiavi per capire dove venivano piantati e per quali ragioni questo tipo di alberi tradizionali: Devarakadus e Gundutopus. Le prime sono delle piccole aree boschive che venivano considerata l’abitazione delle divinità del villaggio. I Gundutopus invece erano aree comuni, nel villaggio, che venivano destinate alla coltivazione di piante per la comunità; erano molto utilizzati durante le feste e le cerimonie funebri. Dal censimento che è stato fatto risulta che soltanto quattro di questi siti sono ancora intatti; molti altri sono stati seriamente ridotti o cancellati dalla rapida espansione industriale e urbanistica. Ho letto anche un resoconto della visita che i delegati dell’Organizzazione Internazionale del Turismo delle Nazioni Unite hanno fatto a Bangalore, visitando i giardini illustrati da Thiruvady. C’erano delegati da oltre diversi continenti e quattordici paesi del mondo. Thiruvady si diceva soddisfatto del fatto che in questi giardini i delegati potessero vedere alberi che non avevano mai visto e al contempo alberi e piante che invece erano comuni nei rispettivi continenti. In una splendida foto si vede l’intera delegazione riposare sotto un enorme albero del cotone, simbolo dei giardini e, fra l’altro, della tradizione letterale e mitologica dell’India: di fatti nel Mahabharata, Pita Maha, dopo aver creato il mondo, trova ristoro all’ombra di un Shamali, di un albero del cotone (Bombax).

I giardini botanici Lalbagh sono stati iniziati nel 1760 da Hyder Alì, sultano di Mysore, nel diciottesimo secolo e conclusi dal figlio Tipu Sultan, nel 1784, su un’area di quarantacinque acri, a imitazione dei giardini in stile Moghul che erano molto popolari ai tempi, caratterizzati per la presenza di corsi d’acqua, stagni e fontane. Da allora i giardini si sono sviluppati, arricchiti, sono state aggiunte strutture come la grande serra in vetro, raggiungendo la dimensione attuale di duecentoquaranta acri. I giardini sono aperti tutti i giorni, tutto l’anno dalle sei di mattina alle sette di sera. Sito ufficiale: www.lalbaghgardens.com

A Bangalore amano tanto gli alberi. Si è infatti celebrata nel 2010 la prima edizione di Around a Tree. An Urban Tree Festival (Intorno ad un albero. Un festival urbano arboreo), undici appuntamenti svoltisi fra il 26 giugno ed il 4 luglio.

Una replica a “I cercatori di alberi – Vijay Thiruvady”

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