Le sequoie di Torino

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AL PARCO LEOPARDI

Non è uno dei parchi più conosciuti di Torino, l’accesso è in una piccola piazza che funge da parcheggio per i clienti di un ristorante, accanto al rumoroso e trafficatissimo corso Moncalieri (siamo al civico 149). E’ comunque uno dei pochi spazi pubblici che si sono mantenuti nella selva di ville e abitazioni private che hanno smangiato via il panorama della collina della città, da qui transita passando per il superiore Parco di San Vito l’Anello Verde, un sentiero che unisce il Po al colle più alto dell’area metropolitana, il Colle della Maddalena dominato dalla statua del Faro della Vittoria, a 715 metri, un sentiero che in due ore e mezzo unisce il Ponte Isabella, uno dei più bei ponti sul Po, al Parco della Rimembranza.

Come ho già avuto modo di segnalare in diversi libri e articoli precedenti a Torino ci sono le sequoie. Dapprima segnalai la coppia di sequoie sempervirens che si trovano nel Parco di Villa Genero, poi la sequoia gigante in un giardino privato a poche decine di metri dal Monte dei Capuccini, in corso Lanza 55 (visibile soltanto dall’esterno della cancellata). Durante una passeggiata per cercatori di alberi mi venne segnalata una sequoia al Leopardi che ieri, finalmente, sono venuto a visitare. Le sorprese non sono state poche.

Il parco faceva parte di una vecchia villa, Villa Severino, costruita a metà Settecento, la villa è stata poi demolita e il parco è passato nel 1941 al comune di Torino. Dell’impianto ottocentesco resta il viale d’ingresso, alberato a platani. Una sottile striscia di asfalto si incunea nel mezzo di alti platani che raggiungono i 28-30 metri, alcuni hanno dei bei tronchi che potrebbero rientrare nell’elenco dei dieci maggiori della città, che da anni sto arricchendo. Dodici platani, i maggiori sono il quarto (il secondo sulla vostra destra) con 395 cm di circonferenza del tronco a petto d’uomo, l’ottavo (il quarto sulla destra) con 380 cm, e l’ultimo, a fine tornante, 400 cm; quest’ultimo si apre a quattro metri in due branche primarie che a loro volta si biforcano parimenti. Le sue radici sono cresciute contro il muretto dell’ingresso ad uno dei rifugi antiarei, da tempo inacessibili, utilizzati per la popolazione del quartiere durante la Seconda Guerra Mondiale. Salendo s’incontrano querce, carpini, liriodendri, pini, tassi, aceri di monte e aceri ricci, cedri dell’Atlante, noci americane, un boschetto di noci del Caucaso (Pterocarya fraxinifolia, specie onnipresente nei parchi torinesi), bagolari, ippocastani. Al fondo del tornante di rimpetto alle noci del Caucaso ci sono altri platani, il maggiore presenta un tronco di 408 cm, a tre metri si apre in tre branche primarie che volano verso i trenta metri di altezza. Qui la maggior parte degli alberi è in competizione per un pezzo di cielo. Ciliegi e noccioli, una piccola sofora su innesto, cipressi azzurri, pini mughi, sambuco, arrivati ad una spianata occupata in gran parte da un’area per cani, ci sono altri platani, di cui uno a zampa di elefante come gli esemplari monumentali presenti intorno alla tomba del cane Werther al Parco Reale del castello di  Racconigi. 450 cm di circonferenza. Un ippocastano dal tronco tortile ha una bella architettura, 305 cm di circonferenza del tronco. Tigli nostrani, un ginkgo femmina col tronco di 254 cm e una lunga fessura verticale che sale ai tre metri e mezzo.

Non una, bensì due sequoie sempervirens. La prima presenta un tronco unico, la seconda si apre in due crescite, architettura spesso presente nei parchi italiani. La coppia è più alta, stimo intorno ai 33-35 metri di altezza, una trentina di metri la solitaria. I tronchi sono cresciuti su ceppaie, vere e proprie isole radicali costellate di rigetti e tentativi capitozzati. Con una certa fatica mi arrampico, facendo attenzione a non causare alcun danno e misuro. La circonferenza della prima ceppaia alle base è di 860 cm, il tronco lo misuro a circa 150 centimetri di altezza, ottenendo 300 cm. La seconda ceppaia presenta tre giovani crescite intorno al grosso tronco che si biforca, ma è più facile misurare: 468 cm. Nel mezzo della divaricazione c’è il resto di una terza crescita spezzata. A terra è pieno di piccoli coni di sequoia, grandi come la falange di un mignolo. Mentre lotto con le fronde per la misurazione alcuni cani si incuriosiscono e vengono a sbirciare, scodinzolando, i padroni, al solito modo di queste parti, mantengono l’aplomb “turines” e macinano pensieri.

Proseguendo si incontrano un tiglio di 366 cm di circongerenza del tronco, uno dei maggiori della città, carpini, aceri tassi, abeti, un castagno insolitamente alto e colonnare, robinie, aceri negundo, ippocastani, bagolari, laurocerasi e via lungo un sentiero sterrato in una valle di aceri che prosegue attraversando un rio in ombra che transita in una galleria scavata dentro un bambuseto, davvero un luogo insolito a mezz’ora di cammino dal centro di Torino, che vi conduce al parco di San Vito; a due chilometri e 300 metri inizia il Parco della Rimembranza che vi porta alla Maddalena.

Mentre percorro la parte superiore del Leopardi individuo altre due sequoie costali, minori rispetto a quelle precedentemente incontrate e anche della maggiore delle due di Villa Genero, hanno la punta secca, non capisco se siano figlie della stessa ceppaia o due esemplari distinti; sono nel parco di una villa privata, Villa Geisser. Un ultimo platano di circa 4 metri e mezzo di circonferenza cresce accanto ad un ruscello, lungo la strada che dal grande tiglio conduce ad un’uscita laterale.

Non so datare con esattezza le sequoie, per la mia esperienza potrebbero essere state messe a dimora nella prima parte del Novecento, al più tardi direi negli anni Trenta; non vedo molta acqua e quindi non credo che la loro crescita sia particolarmente favorita.

2 risposte a “Le sequoie di Torino”

  1. Uao, bellissimo!

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  2. Andrò sicuramente a vederle..grazie

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