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APPUNTI DALLA FORESTA Percorsi spirituali e selvatici fra natura e buddismo

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Estratti
«La natura e lo zen sono un innamoramento continuo e costante, sono un ritornare all’essere bambini ogni sera appena si posa la testa sul cuscino, e ogni mattina appena si spalancano gli occhi e si vede la luce del sole come se fosse la prima volta, ma con la consapevolezza delle stagioni che passano. » «Il primo seme dell’ecologia brilla in noi, la trama della nostra identità percepisce costantemente il richiamo delle distanze, dell’ignoto quanto di tutto quel brulichio di esistenze che vive senza rispettare le nostre regole. Per questo torniamo così spesso in quei luoghi che ci siamo abituati ad indicare col termine generico di “natura”.» «Quel che in qualità di individuo mi connota negativamente – gli attributi che non ho, i privilegi che non rincorro, la scaltrezza che non dimostro, i risultati e le amicizie o le conoscenze che mi sono negati, e molto altro – mi spaventa e mi colpisce come artista, e in certi momenti duramente, ma sono le stesse condizioni che mi fortificano e mi rendono “libero” come praticante buddista. E non è alla fine questo che noi cerchiamo, la massima libertà da vincoli, paure e dipendenze?» «Non mi sono consegnato allo scrivere poesie, magari abbacinato dal desiderio pur comprensibile, d’issarmi nel catalogo dei poeti più grandi, i migliori, gli ultimi e definitivi; ho cercato di costruire la mia intera vita come una poesia, di fare del mio vivere quotidiano un atto poetico, ho cucito i margini di un piccolo mondo deposto fra la carta e la corteccia dove ascoltare le voci di madre natura, dove meditare, dove camminare nei boschi, dove rifocillare e scrivere. E dove praticare una via personale e silvatica, prevalentemente solitaria, nello zen, ovvero un bosco dove si nasce e rinasce, dove ci si perde e ci si riconquista, e dove i dubbi equiparano, quando non soverchiano, le certezze.» «Se in Nord America gli anni fervidi delle numerose fondazioni si sviluppano fra il 1920 e gli anni Cinquanta, in Italia si può fissare la stagione zero nella seconda metà degli anni Sessanta: i primi luoghi fisici dove praticare zazen in Italia vengono aperti nel 1965 a Venezia da Ferdinando Nason (centro migrato a Milano nel 1972) e nel 1968, anno capitale di molte “rotture” nel nostro paese, a Torino dove Massimo Daido Strumia fonda il Cerchio Vuoto (Enku Dōjō). L’anno successivo François-Albert Viallet (1908-1977), al tempo allievo di Deshimaru, tiene un ciclo di conferenze sullo zen a Torino e Milano. Nel 1973 vengono fondati due nuovi spazi a Scaramuccia (Orvieto), ad opera di Mario Luigi Engaku Taino, e a Viganego (Genova), in Liguria, ad opera di Strumia, Mauricio Yūshin Marassi e Giuseppe Jisō Forzani. Fausto Taiten Guareschi fonda il suo tempio, il Fuden-ji, nel 1984 a Bargone (Salsomaggiore Terme), due anni più tardi viene gettato da Roberto Kengaku Pinciara il primo seme del centro di pratica zen Komyo-Ji, a Fortunago (Pavia), mentre nel 1988 si assiste a Milano ad una doppia fondazione, Pinciara apre il Dōjō Ho Un Do e Carlo Tetsugen Serra il Dōjō Zen Il Cercho (Enso-ji).» «Ma che cosa vuol dire fare ecologia di se stessi? Vuol dire che ogni forma di vita sul pianeta sperimenta i “confini” del proprio tempo, soltanto l’uomo si pone l’obiettivo, quasi la vocazione, d’iscriversi in una forma, sebbene alterata e spesso degradata, di eternità. […] Ma chi osserva la natura non può sottrarsi al primo dei comandamenti, quello selvatico, manifestato ogni istante dal cammino del creato: ogni individuo ha il proprio tempo, giunto al termine naturale anche le sue parole debbono tacere e lasciare spazio a nuove parole, cucite da nuove generazioni; soltanto in questo modo possiamo dare mondo al mondo, garantire spazio a chi sta per nascere.».
Materiali
>>> Ascolta La parabola zen della montagna (versione audio – durata: 5.30 min.)
>>> Leggi il componimento Sutra degli alberi
>>> Estratti La parabola zen della montagna (versione testuale) – L’Ordine, allegato al quotidiano La Provincia di Como e Sondrio | La Repubblica, Silenzio e ascolto della foresta, la via del monaco seon Bopjong (1932-2010) | La Repubblica, Il monaco che suona le foglie, Sodo Yokoyama (1907-1980) o Kusabue zenji, il monaco del flauto di foglie, The Leaf whistling Monk o The Leaf-Flute Zen Master | A proposito di Ishikawa Jozan, Tre canti austeri di un poeta samurai del XVII secolo | La quinta selva, La foresta interiore, è uscita nel II° numero della rivista di
letteratura e pensiero Just-Lit, dedicata all’ambiente.
>>> Leggi il quaderno Il sentiero dell’aglio selvatico – Piccolo concerto di voci buddiste e agresti
>>> Leggi estratti da I sandali del Buddha – Silenzi in cammino
Capitoli in versioni precedenti sono stati pubblicati nella rubrica Budda nel bosco del portale Zest – Letteratura Sostenibile: Versi di un venditore ambulante di te – Le poesie di Baisao | I semi del monaco errabondo Jakushitsu Genko | Le poesie eremitiche di Muso Soseki | Shihwu – Componimenti montani di un eremita | Meditare come un albero – Idee e pratiche del buddismo ch’an
>>> Shinrin nōto nelle news del Sangha dello Zenshinji di Scaramuccia
>>> Shinrin nōto a L’altro in noi di Valeria Bianchi Mian – Radio Morpheus
>>> Extra | In cammino fra le voci dello zen italiano – Trasmissione radiofonica
>>> Extra | Ne-an, piccolo eremo tascabile delle radici – Che cos’è

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