VERSI DA UNA BELLISSIMA POESIA DI PAUL CELAN
Mentre rivivo alcune emozioni del viaggio in California della scorsa estate, lavorando all’ennesima versione di Giona delle sequoie, mi viene in mente Celan, la sua poesia minuscola, il silenzio che propaga da tanta minuziosa miniatura, e la sua raccolta Di soglia in soglia (1955), Von Schwelle zu Schwelle. Mi rammarico per la milionesima volta di non conoscere sebbene in minima misura la lingua germanica, per cogliere il suono e il senso delle sfumature. Celan scrisse le poesie di questa raccolta dopo una migrazione, cercando così di edificare una seconda casa dopo la perdita della prima, un movimento non dissimile da quello che io sto facendo in questo viaggio. E fra tutte le poesie mi sovvengono alcuni versi di Der uns die Stunden zählte, ovvero Colui che ci contò le ore:
Colui che ci contò le ore,
Costui seguita a contare.
Che mai conterà, dimmi?
Egli conta e riconta.
Ovviamente non li ricordo a memoria, ahimè la mia è una memoria che si sfarina, più avanzo negli anni e meno ricordo. Ma le immagini restano, anche se si perdono le parole.
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