Homo novus in arbore

fratus_roots_redux

Estratto da Il sole che nessuno vede. Meditare in natura e ricostruire il mondo

Quando mi ritrovo dentro la grande bocca scura di un castagno cavo mi sento a casa. Ricordo la sensazione, distopica, al tempo stesso rassicurante e veemente, sfibrante, che provavo mentre germinavo pensieri nel cuore delle sequoie millenarie in California, dove sono rinato: homo radix, homo novus in arbore. In una terra che calpestavo per la prima volta s’è acceso un “foco” dentro le mani che hanno iniziato a mostrarmi una vita diversa. La distanza con quel che mi circondava si era trasformata. Era il primo seme che precipitava in una stanza che avevo sempre tenuto chiusa, anzi, che non conoscevo affatto. In questo terrario sono nate nuove idee, nuove parole, nuove “istintualità” che mi hanno condotto a nuove forme di esperienza. Così, alla ricerca di nuove dimore temporanee ho iniziato un viaggio nel paesaggio che ha condotto in luoghi fisici e in altri boschi cartacei. Anzitutto la storia, quell’intreccio composto di rivoli ruscelli e venature che fanno di quel che ci contiene nido e possibilità di fuga. Il nostro corpo, talvolta lo vorremmo superare, abbandonare, frangere, dismettere, ma talvolta ci pare il luogo più sicuro dove abitare il tempo che ci è donato dall’architettura stellare.

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